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TURISMO

Informazioni culturali del territorio


 
POPOLO DEGLI AURUNCI
 
Categoria: Beni culturali immateriali » Gli antichi popoli italici

Località interessate

Provincia di Latina visualizza / nascondi tutte le località
Spigno Saturnia, Castelforte, Santi Cosma e Damiano, Minturno
Provincia di Frosinone visualizza / nascondi tutte le località
San Giorgio a Liri, Vallemaio, Sant'Apollinare

Vescia

Sulla ubicazione di Vescia, come per quella di Ausona, sono state formulate varie ipotesi senza soluzione. Se osserviamo la carta topografica dell’attuale pianura del Garigliano, essa si presenta come un semicerchio, delimitato a sud dal mare, e, negli altri punti cardinali, dai monti Vescini (ora Aurunci) e dal massiccio del Massico. La chiostra dei monti Aurunci si configura quasi come un grandioso anfiteatro naturale, sulle cui propaggini sono adagiati i centri di Mondragone (l’antica Sinuessa), Sessa Aurunca, Castelforte e Minturno. Ora in questo semicerchio così delimitato va ricercato il possibile sito delle due rimanenti città della Pentapoli, tenendo conto che l’area pianeggiante dell’ager vescinus, posta in prossimità del mare (l’attuale via Domiziana), nell’antichità era insalubre perché infestata dalla malaria a causa degli acquitrini in essa esistenti per cui è stata sempre denominata “pantano”di Sessa. Di conseguenza Vescia e Ausona non potevano essere state costruite in una zona siffatta. In secondo luogo, non va dimenticato, che, nel mondo antico, la scelta del sito ove far sorgere una nuova città non avveniva per caso o per arbitrio dei capi, ma studiando sia le interpretazioni del volere degli dei ma soprattutto tutti gli elementi necessari alla futura vita collettiva: un facile e comodo approvvigionamento dell’acqua, la feracità dei terreni circostanti, la distanza tra la nuova città e quelle preesistenti ad evitare le possibili liti dovute al pascolo o per l’approvvigionamento del legno. Per tutte queste cose si arriva inevitabilmente ad individuare il sito di Vescia nella zona di Castelforte che si presenta come l’unico territorio che, all’epoca, poteva essere scelto per questo scopo. Seguendo questi criteri, Ausona non può essere ubicata che ne territorio compreso tra Castelforte e Minturno, e cioè nella zona dove ora si trovano le contrade di Cerri e Ceracoli. Analizzando l’unica fonte autorevole che ci è pervenuta e cioè il racconto nelle Historiae di Livio emerge che i soldati della lega latina, battuti nella battaglia del Veseri, si rifugiarono a Minturno che doveva trovarsi necessariamente alle spalle del loro schieramento. Successivamente i soldati, dispersi per molte vie, confluirono a Vescia ove decisero di tentare nuovamente la sorte delle armi che fu loro avversa nella battaglia del Trifano, località posta tra Minturno e Sinuessa. Se Vescia, come sostengono alcuni studiosi, fosse stata ubicata nei dintorni di Sessa, quale strategia avrebbe adottato i Consoli romani schieratosi in modo da avere alle spalle il Quartiere generale della lega posto proprio in questa città? Infatti, in caso di sconfitta, sarebbero rimasti schiacciati tra l’esercito avversario ed il suddetto Quartiere generale certamente presidiato. Un altro riscontro storico è dato dall’episodio della distruzione della città avvenuta proprio nel 314 a.C. Le Tre città di Ausona, Vescia e Minturno furono prese contemporaneamente alla medesima ora e con lo stesso inganno. Ma una tale evenienza poteva essere messa in atto solo se le tre città erano vicine per cui ad un medesimo cenno i soldati romani potevano intervenire in sintonia per procedere alla occupazione e distruzioni delle città. E poiché della città di Minturno è ben conosciuta la sede e dovendo per forza collocare vicino ad essa le altre due città distrutte si arriva alla conclusione che l’unica zona possibile rimane quella di Castelforte. Minturno, Sessa e Sinuessa, che facevano ugualmente parte della lega latina, sono state non solo costruite ma si sono anche ingrandite ed abbellite, durante il periodo romano, raggiungendo ragguardevoli livelli di evoluzione. Questo fatto ci indica che non furono i Romani a impedire la ricostruzione di Vescia e Ausona, anche se, probabilmente, almeno all’inizio i vincitori non saranno stati favorevoli ai risorgere della Capitale della Pentapoli. Suessa Aurunca venne eretta a Municipio e Minturno venne abbellita con l’Anfiteatro e l’acquedotto, forse perché queste due città si trovavano in punti obbligati di passaggio per i viaggiatori che utilizzavano la via Appia, un arteria stradale della massima importanza nel contesto economico e sociale dello Stato romano tanto da essere definita la regina viarum. Da ciò si deduce che invece Vescia e Ausona non vengono ricostruite perché lontane dagli itinerari di maggior traggono e dal quale ricavare impulso per il loro sviluppo: non essendo queste città ubicate in punti obbligati di passaggio, non potranno trovare modi e forme per uno sviluppo ma avranno vita ristretta al loro ambito territoriale. Sicuramente i pochi abitanti scampati alla strage sono sicuramente tornati nella loro terra, come succede dopo ogni guerra o disgrazia, e hanno cominciato l’opera di ricostruzione. Naturalmente non la superbia Vescia del passato ma un piccolo borgo, un “pagus” designato come “vescinus” che viene ad inserirsi nell’ambito del nuovo assetto sociale imposta dai Romani. Ormai la Pentapoli, cioè al struttura federativa etnico-politica racchiusa in un ambito ristretto, non esisteva più. Si modificano anche le strutture urbanistiche dei centri che non avranno più bisogno, per la loro difesa, di cinte murarie poiché ora Roma affida tale difesa alle sue legioni. Va anche considerato che il nuovo borgo vescino nasce proprio dalle ceneri di Vescia le cui macerie diventano cave di materiale da costruzione e molte vestigia forse sono state, anche, eliminate completamente dall’aratro per sgomberare i terreni da coltivare. In pagus vescinus vive nel suo piccolo sviluppo e non offre motivi di interessi per gli storici se non per quello che si riferisce alle aquae vescine. Il pagus vescinus, comunque, partecipa alla vita di Roma e, nel periodo delle invasioni barbariche, come è avvenuto per Minturno, sarà costretto a spostarsi sulla collina, ove sono attualmente Castelforte e SS. Cosma e Damiano, per mettersi al riparo da saccheggi e distruzioni. Tra le prove di questa ricostruzione fatta dal Tommasino si può annoverare il cippo lapideo, trovato dall’Avv. Tibaldi il località S. Angelo, portante una iscrizione, purtroppo mutila, che parla di un aiuto pecuniario dato per la costruzione di un teatro dagli abitanti del “pagus vescinus”. Il nome “Suio” deriva dal vocabolo (Ve)suvius da cui, per contrazione, Su(v)ius e quindi Sujus che, nel Medioevo diventò anche Sugius, Sugiu e infine Suio. Va precisato che Suio va distinta in due entità topografiche: Suio Terme o Bagni di Suio, l’antica Veseri, località termale tra il fiume Garigliano e li monti Aurunci e il borgo che si designa come Suio Alto, che corrisponde all’antico “Castrum Suji”, nato quindi come centro fortificato ed elevato a Contea alla fine del secolo X.  Veseri era quindi frazione di Vescia, con cui condivideva la radice “Ves” del nome, mentre quest’ultima potrebbe configurarsi come il supporto etnico e logistico della zona balneare. Per le stesse ragioni di Vescia, Veseri, ubicata in zona decentrata rispetto ai grandi itinerari di traffico formatosi con l’avvento dello Stato Romano, non ha potuto godere di idonei incentivi per uno sviluppo più rapido e consistente. Sinuessa, invece, situata in un punto obbligato di passaggio per i viaggiatori provenienti o diretti da Roma all’importante porto di “Puteolo” (Pozzuoli), si è trovata nella posizione più favorevole per il suo sviluppo. Si deve anche aggiungere che Veseri era ubicata in una zona topograficamente non troppo favorevole, ristretta tra il fiume e le alture subito emergenti, e senza quindi avere a propria disposizione un idoneo territorio pianeggiante per una espansione urbanistica di maggior rilievo. Veseri era collegata a minturno, e quindi all’Appia e alla zona di Suessa. L’allora esistente collegamento con l’Appia, attraverso Minturno, è dimostrato da un marmo, rinvenuto presso il teatro di quella città, sul quale figura l’iscrizione “ad aquas vescinas”. Il marmo rappresentava un’indicazione stradale per le persone non del luogo che volevano recarsi nella località termale. Si deve sottolineare che l’antica Veseri, divenuta in epoca romana “aquae vescinae”, nel Medioevo si trasforma in “caldana putida” per diventare finalmente “Balnea Sugii”. Se queste terme non hanno avuto successo è forse perché essa hanno condiviso le sorti della consorella Vescia e cioè la lontananza dalle grandi vie di comunicazione.