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CHIESA DEL SS. SALVATORE A TERRACINA
 
Categoria: Beni culturali materiali » Chiese

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Terracina

La chiesa è dedicata al Salvatore originariamente però era stata dedicata a San Pio V, per espresso volere di Pio VI, fondatore di Terracina nuova.  L’incarico del primo progetto del nuovo edificio sacro fu dato all'Architetto romano Giuseppe Valadier (1762-1832), il migliore urbanista dell'epoca. La committenza a Valadier, sistematore di Piazza del Popolo a Roma e dei giardini del Pincio, mostra l'importanza che Pio VI annetteva alla costruzione della Chiesa Nuova, nel contesto del quartiere della Marina che veniva sorgendo e del suo futuro sviluppo. Il progetto Valadier comprendeva la costruzione della chiesa e di un convento annesso per la promozione di vocazioni sacerdotali e l'educazione scolastica dei giovani di Terracina. Senonché, nel 1815 i domenicani rinunciano alla costruzione del Convento perché era stato riaperto a Terracina il Vecchio Convento di S. Domenico, ma soprattutto perché i redditi delle tenute erano scarsi ed insufficienti a contribuire alle spese della nuova fabbrica. Con la rinuncia dei Domenicani tramontò anche il progetto Valadier, che aveva concepito un corpo architettonico compatto e una facciata unica tra chiesa e convento. L’urbanista aveva ideato anche la bella Esedra (oggi Piazza Garibaldi), come scenario prospettico della chiesa. L'esedra interrompe il filo delle costruzioni sulla Via Appia ed è in collegamento architettonico con la chiesa, cosi da formare un armonico "Unicum" che nelle intenzioni di Pio VI doveva costituire il cuore della Marina. 
La costruzione della chiesa del SS. Salvatore, si inserisce in un grande progetto per una vera e propria rinascita di Terracina. La lunghezza dell'asse maggiore, dal portone centrale al corridoio deambulatorio dell'abside, è approssimativamente di 80 metri, la larghezza di 30 metri e la superficie totale, comprese anche le cappelle, di oltre 2.000 mq. Questo è il grande tempio voluto da Pio VI, ma purtroppo egli non ne vide neppure le fondamenta, perché l'occupazione dello Stato Pontificio da parte dei francesi affrettò la fine del suo lungo pontificato, ed il Papa sereno e generoso morì in Francia, prigioniero di Napoleone, il 29 Agosto 1799. La lapide collocata nel pilone di sinistra del transetto dell'altare maggiore, ricorda il drammatico epilogo del pontificato di Pio VI, collegando ad esso la mancata costruzione della nostra chiesa. Il cantiere per la costruzione della chiesa non fu mai aperto, nonostante le ripetute istanze rivolte a Pio VII, successore di Papa Braschi. Ciò fu dovuto alle difficoltà dei tempi burrascosi che la Chiesa attraversava, come tutta l'Europa, negli sconvolgimenti politici provocati da Napoleone. Occorre attendere il 1831 per l'apertura del cantiere per la fabbrica della Chiesa Nuova. Nel 1830 il progetto fu affidato al giovane architetto urbanista Antonio Sarti (1797-1880), architetto pontificio e professore nella Accademia di San Luca; anch'egli originario dell'Emilia. Era nato nella città di Budrio e per le sue referenze non era meno valente del più noto Valadier. Il disegno sartiano del SS. Salvatore meritò la medaglia d'oro nella Esposizione Universale di Londra nel 1864. E' il capolavoro di Sarti, se non il capolavoro dell'architettura sacra neo-classica d'Italia. Il Sarti, a differenza del Valadier, esaltò la facciata della chiesa creando il superbo pronao che oggi ammiriamo, indietreggiando i due edifici laterali. Fedele esecutore del progetto Sarti fu l'architetto Luigi Mollari, al quale si deve la sistemazione definitiva della Esedra, ora Piazza Garibaldi, i cui fabbricati al centro dovevano congiungersi con un “Portico di transito” a tre fornici; congiungimento mai realizzato. (I fornici sono aperture transitabili coperte a volta). 
I lavori della chiesa durarono circa un quindicennio e praticamente coprirono tutto l'arco del pontificato di Gregorio XVI (1831-1846). L'opera di Gregorio è esaltata nella lapide posta nell'atrio esterno, in alto sul portone centrale. Il l° Maggio 1843 Gregorio XVI venne per la seconda volta a Terracina per l'inaugurazione delle nuove strutture portuali. Fu accolto trionfalmente dalla popolazione, come la prima volta nel 1839.