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ISTRICE
 
Categoria: Beni Paesaggistici, Culturali e Ambientali » Fauna

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Campodimele, Itri, Lenola, Minturno, Monte San Biagio, Roccasecca dei Volsci, San Felice Circeo, Spigno Saturnia

38.jpgNome Latino: Hystrix cristata
Nome Italiano: Istrice

 

L’Istrice è un mammifero roditore della famiglia degli Istricidi. L'istrice (sostantivo maschile, talvolta femminile) viene spesso indicato con il nome comune di porcospino; esiste però un uso improprio e colloquiale di questo nome per designare il riccio. L'istrice ha una lunghezza media di 60–82 cm, possiede una coda lunga 8–17 cm e pesa dai 13 ai 30 kg. Il pelo è setoloso e nerastro sul corpo, mentre la testa è di colore marroncino e sulla gola è presente una banda bianca a forma di mezzaluna. La testa è grande e dal muso arrotondato, con piccoli occhi neri ed altrettanto piccole orecchie e lunghe vibrisse.

Ciò che maggiormente caratterizza l'animale è la presenza sul dorso di una quantità di aculei, che altro non sono che peli modificati: essi sono lunghi una ventina di centimetri ciascuno sul dorso e fino a 35 cm sui fianchi, striati alternativamente di bianco e di nero, e grazie a muscoli piloerettori e pellicciai sono erettili. Sulla coda l'animale ha inoltre altri peli cavi a forma di calice, che utilizza a mo' di sonaglio per avvertire gli eventuali aggressori. Su testa e nuca, invece, l'animale non possiede aculei ma solo peli setolosi bianchi posti a mo' di cresta erettile, sicché un eventuale aggressore può facilmente venire ingannato quando l'animale rizza contemporaneamente peli ed aculei. La credenza popolare racconta che l'istrice sia in grado di scagliare i propri aculei, ma questo non è vero. Gli aculei si staccano facilmente per poter trafiggere l'avversario e capita che quando li rizza per difesa, alcuni di essi si stacchino grazie alla contrazione dei muscoli.

Si tratta di animali dalle abitudini principalmente notturne ed assai schivi, tanto che durante le notti di luna piena evitano con cura gli spiazzi aperti, dove potrebbero essere avvistati con facilità: durante il giorno riposano in spaccature delle rocce od in tane che scavano nel terreno grazie ai robusti unghioni delle zampe anteriori, oppure che ottengono occupando rifugi di altri animali, soprattutto di oritteropo. Durante l'inverno, se il clima è rigido, l'animale non esce dalla propria tana, tuttavia la specie non è solita andare in letargo.

Quando l'animale è spaventato o eccitato, drizza contemporaneamente gli aculei e i peli della nuca, dando l'impressione di essere assai più grande e robusto di quanto in realtà non sia; essendo gli aculei attaccati piuttosto blandamente alla radice, rimangono conficcati nella pelle di un eventuale aggressore. Se la minaccia persiste l'istrice comincia a pestare rumorosamente i piedi sul terreno ed ad agitare la coda munita di aculei a sonaglio, infine se messa alle strette, carica l'aggressore, con esiti anche letali. L'aculeo ha infatti una struttura lievemente seghettata, che ne rende difficile e dolorosa l'estrazione, in particolare per gli animali sprovvisti di pollice opponibile, tanto che spesso sono costretti a spezzare gli aculei conficcati nella pelle, col possibile rischio di infezioni.

In Italia, a causa di tale facilità dell'animale nel perdere gli aculei, oltre al fatto che spesso questi cadono per essere rimpiazzati dai nuovi, è assai diffusa la credenza (peraltro errata) che l'istrice, qualora minacciato, sia in grado di lanciare i propri aculei a distanza.

Si tratta di animali essenzialmente erbivori: si nutrono prevalentemente di tuberi e bulbi, che ottengono scavando nel terreno con le robuste zampe a colonna, ma non disdegnano di rosicchiare anche cortecce morbide, frutti caduti al suolo e, anche se assai sporadicamente, insetti. In prossimità di aree coltivate a patate o mais, spesso questi animali si danno nottetempo al saccheggio. L'istrice è, inoltre, ghiottissima d'uva, di cui fa scorpacciate riempiendosi la bocca coi grappoli più bassi o caduti ed in via di fermentazione e risucchiandone gli acini senza staccare il graspo dalla pianta.

La stagione riproduttiva è limitata al periodo caldo, anche se esemplari in cattività possono riprodursi durante tutto l'arco dell'anno, se si mantengono condizioni climatiche omogenee. Il ciclo estrale della femmina dura circa 35 giorni e la gestazione quattro mesi, al termine dei quali viene dato alla luce un unico cucciolo. La specie forma coppie monogame: la femmina tollera la presenza del compagno, mentre mostra comportamenti aggressivi con maschi estranei. Il maschio monta la femmina solo dopo che questa si dimostra disponibile all'accoppiamento, ponendosi con gli aculei abbassati e la coda spostata di lato: a questo punto, il maschio si pone sulle zampe posteriori e la penetra continuamente, appoggiandosi solo leggermente al suo dorso con le zampe anteriori.

Nell'imminenza del parto, la femmina fodera la parte finale della tana con erba secca. Il cucciolo è estremamente precoce e poco dopo la nascita apre gli occhi e possiede già gli incisivi: il suo corpo è ricoperto di pelo, che forma cinque strisce bianche sul dorso, mentre gli aculei sono ancora morbidi. Ci vorrà una settimana prima che siano sufficientemente duri da permettere all'animale di utilizzarli come arma di difesa durante le sue uscite dal nido. Attorno al mese d'età, il cucciolo è perfettamente svezzato e perde il mantello giovanile, anche se la maturità sessuale viene raggiunta attorno ai due anni d'età. In cattività, può vivere fino a 21 anni.

In passato si riteneva che fosse stato introdotto in Italia dai Romani, ma evidenze fossili suggeriscono la sua presenza in Europa nel Pleistocene. In Italia è presente in quasi tutta la penisola dalle propaggini meridionali di Lombardia e Veneto sino alla Calabria; manca nella penisola salentina, in Sicilia e sull'isola d'Elba.