TURISMO
Informazioni culturali del territorio
La vita in miniera dei Rovianesi
La dura vita in minera degli abitanti di Roviano è simboleggiata dal monumento ai caduti sul lavoro che si trova in Piazza della Repubblica, la piazza principale di Roviano.
Esso fu inaugurato il 1 novembre del 1958 e racconta del lavoro, di quello duro dei minatori e della disumana vita che erano costretti a fare per guadagnarsi il pane, chiusi in buie ed umide gallerie, lontani dalle famiglie.
Dal 1911 al 1939 molti rovianesi sono morti durante lo scavo di gallerie idroelettriche e ferroviarie nell’alta Italia o nella vicinissima Sbarra, sul fiume Aniene, ad Anticoli. Loro, da sempre contadini, avevano imparato il mestiere durante la costruzione della ferrovia Roma-Sulmona (1882-88), e poi, fino all’ultima guerra, hanno esportato la loro abilità in tutta Italia ed all’estero. Molti sono tornati con la silicosi, altri mutilati, altri ancora solo col proprio nome e cognome su un pezzo di carta, avendo lasciato il corpo mischiato alla matrigna roccia d’una galleria alpina. Come Domenico Fagioli e il socio Mariano Innocenzi, che furono inghiottiti nel 1927 in galleria dall’esplosione di una mina gravida a Noasca, in Piemonte (allora Valle d’Aosta).
E’ una struttura in cemento armato rivestita con travertino, a forma di ferro di cavallo (a sesto eccedente), poggiante su un tronco di piramide. Il disegno è del rovianese Enrico Pietrosanti. Sulla faccia della volta dell’arco campeggia la scritta: In Labore Virtus. Un cippo sorregge una stele in vetro plastificato sulla quale sono incisi i nominativi di dieci rovianesi morti sul lavoro.
Nei due piedritti che volgono verso Piazza della Repubblica, sono collocate otto formelle in terracotta della misura di cm 43 x 22 realizzate dalla scultrice orvietana Ada Scarmiglia e raffiguranti in bassorilievo alcune scene di lavoro in miniera. Salendo da destra verso sinistra (per chi guarda), il minatore si stacca dal Cristo vivo e dalla famiglia per recarsi in miniera a lavorare. Scava col piccone e la pala, batte con la mazza. (A. Tacchia)