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MUSICA POPOLARE A CARPINETO ROMANO
 
Categoria: Beni culturali immateriali » Folk

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Carpineto Romano

Tarantella del Brigantone

La Tarantella del Brigantone è un brano originale ed autoctono dell’area lepina. Il suo testo narra delle epiche vicende del più famigerato brigante della zona: Domenico Regno, detto Diciannove.
Il brano, così come oggi è conosciuto, è nato a cavallo tra gli anni novanta e duemila in seguito al riordino dell’ufficio anagrafe del Comune di Carpineto Romano. Tra i vari documenti che furono rinvenuti ve n’era uno che raccontava una storia molto interessante: narrava le gesta proprio di Diciannove, il più temuto e ricercato brigante lepino. Il Sindaco di Carpineto consegnò questo racconto in versi a Roberto Cacciotti che ne compose la musica, ne ordinò il testo e lo inserì nel repertorio del gruppo di ricerca etno-musicale Compagnia Popularia.

Ma chi era Diciannove? Nato a Carpineto, dove vissero sempre le sorelle, si trasferì ancora bambino a Bassiano (Lt) per seguire il gregge di vacche del padre. Ma la vita tranquilla della montagna non lo appagava; da lì a poco fu arrestato e scontò qualche mese di prigione a Terracina per furto di bestiame. Quando ne uscì decise di darsi alla “macchia” e di combattere contro il francese invasore. Furono parecchi gli avvistamenti sui monti lepini ed i soprusi di cui la banda Diciannove si rese protagonista. Le autorità gli diedero una caccia feroce ma non riuscirono a prenderlo facilmente. Quando due uomini della banda prelevarono l’arciprete di Bassiano e lo giustiziarono come “giacobino” il tenente Fossoyeux organizzò una retata che, il 15 luglio 1813, stava quasi per catturarlo in contrada Scale Potenzia ma dopo due ore di conflitto a fuoco, i criminali riuscirono a fuggire lasciando tutto sul posto e restando nudi.
La storia narrata dal testo della Tarantella del Brigantone inizia il 24 maggio 1814 quando papa Pio VII, dopo esser stato prigioniero di Napoleone in Francia, tornò a Roma. Lo stesso giorno Diciannove con i 17 uomini della sua banda (compreso il carpinetano Pietro Sante detto Pistola) si presentò al convento di San Pietro e chiese di colloquiare con i “potenti” dell’epoca: l’abate Salina, “jo mero” Pietro Prosperi e il farmacista Guglielmo Picca. La richiesta del brigante era quella di anticipare, per loro, una decisione che già era nell’aria: l’amnistia. Quando si aprirono le porte del convento l’”accordo” era stato raggiunto. La paura ed il terrore nei paesani era sparito; le ragazze facevano gli occhi languidi ai malviventi ed i signorotti del Paese si affrettarono a preparare cibi succulenti per Diciannove ed i suoi. Fra tutti si distinse la famiglia Caldarozzi che saziò, da come raccontano le cronache dell’epoca, non poco la banda. Dopo essersi ristorati si fermarono davanti alla nuova chiesa della Collegiata e spararono diverse schioppettate in segno di gioia per la novena dello Spirito Santo. Tornarono in montagna ed attesero con pazienza l’amnistia che puntualmente giunse nel luglio del 1814. Subito dopo Diciannove si sposò ed ad agosto presenziò, vestito da bersagliere, alla solenne processione di Sant’Agostino a Carpineto proteggendo la statua del Santo e dichiarando che chi si fosse ubriacato durante la festa sarebbe stato picchiato. Assolse quel compito in modo perfetto tanto da far pensare a tutti una reale redenzione. Ma qualche mese dopo riprese a ricattare i ricchi proprietari della zona. Spazientito per le nuove scorribande di Diciannove il Cardinale Ugolini di Frosinone ne dichiarò l’arresto ma durante il trasferimento in carcere tenta la fuga e viene ucciso.

Testo
A ’ncima a Camproseglio i pasturi stanno bè
Cò peco crape e cavagli e la Fota abbeverà
Ma dagli briganti stanno sempre all’erta
Se teto da defende la libbertà
Libbertà è nà parola ma non se po’ comprà
Potere grascia e sordi te la fanno scordà
Comm’è successo a pore Brigantone
Remasto sempre schiavo deglio patrone
Del sor Angelo a tutti è bella chesta nova tarantella
No’ brigantone a tutti noto ma a casa Pecci assaggia jo brodo
Chisto era nò banchettone coglio gobbo Brigantone
Che se teneva co piacere per sentir novelle dire
Tutti i fatti deglio padre aglio colonnello ci faceva
Co chisto corso regolare jo ministro è spinto a fare
Ma deglio governo non te legge perché trove agghi jo protegge
Ma ben presto finirà chesta storia in verità
Ma la gobba non se piega perché troppa è la fatica
Allegramente bene è stato ma pure isso è remasto frecato
Perché stommaca è la gente de sto birbone prepotente
Se crete padrone deglio palazzo ma non c’entra quasi n’cazzo
No beglio ministro veramente da fa ridere la gente
Maraviglia a tutti fa che sor Carlo lo fa regnà
Jo poveretto non s’accorge che non trova più na’ legge
Quando torna e dirà: “la casa mia accomme ssta’?”
E sentirà tanti laminti degli poveri laoranti
Ma no vantaggio troverà sugl’interessi in verità
Ma la gobba non se piega perché troppa è la fatica
Allegramente bene è stato ma pure isso è remasto frecato
Tu sor Angelo mio sgarbato sarebbe meglio non fussi nato
Se ppuro se sottopagato vivi accomme no scellerato
Jo proverbio bene dice fa’ agl’atri quel che piace
Ma s’un duro d’un Nerone tu se figlio a Brigantone
Ma la gobba non se piega perché troppa è la fatica
Allegramente bene è stato ma pure isso è remasto frecato


Il materiale fornito è frutto delle ricerche sul campo effettuate da Roberto Cacciotti e dai componenti la Compagnia Popularia, il loro uso ed utilizzo è regolato dalle normative in merito di copyright (L. n° 633 del 22/04/1941).